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venerdì 11 aprile 2008

I tappeti Safavidi nelle corti dei Re

Come già detto ieri, il primo sovrano Safavide fu Ismail che regnò dal 1499 al 1523; egli pose la capitale del regno a Tabriz. Il suo successore Thamasp-Shà ingrandì le manifatture di corte precedentemente istituite da Ismail e fondò altri laboratori. Sotto di lui, e sotto Sha' Abbas (1587 e 1629) si annodavano tappeti oltrechè a Tabriz a Kashan, a Meshed, Kirman, Herat, Joshagan, Karabagh, Hamadan, Ardebil, ecc ecc. Da Hamadan, uscì per esempio, una commessa dello Sha' destinata a Solimano I il magnifico (1520 - 1566), il sultano turco che portò all'apogeo l'Impero Ottomano sconfiggendo i Mamelucchi d'Egitto e facendo di Costantinopoli una favoleggiata capitale. Da Isphahan, città divenuta capitale con Thamasp e poi con Abbas, in seguito alla riconquista di Tabriz da parte dei turchi, nacquero altri tappeti destinati acorti orientali ed occidentali. All'Italia ad esempio dove il Papa Urbano III ne ricevette in dono a Roma, mentre altri vennero recapitati a Venezia al Doge Marino Grimani; alla Cina dove regnavano gli imperatori Ming e da cui il tappeto persiano riceve suggerimenti di simboli (il tchi), di coloritura (gli azzurri) e di raffinatezze tecniche (taglio del pelo ad altezze diverse); alla Polonia, dove il re Sigismondo III intorno al 1600 attende l'arrivo di un intero stock di esemplari ordinati alla Manifattura di Corte per mezzo del mercante armeno Muratowicz (da cui prende origine l'interessante gruppo di tappeti detti "polacchi"); alla Svezia, il cui re ricevette nel 1639, un esemplare di bellezza eccezionale, oggi conservato nel castello di Rosengborg a Copenaghen.



Particolare di un tappeto in seta dell'epoca Safavide

1 commenti:

antonio ha detto...

A proposito dei tappeti “Shah Abbas” o “polacchi”, devono questo nome ad un equivoco avvenuto nel 1878. Esposti al Trocadero di Parigi dal principe polacco Czartorysky, alcuni esemplari portavano lo stemma nobiliare di re Sigismondo III Vasa. Per questo li credettero annodati in Polonia. Strutturalmente, sono annodati con seta e lane pregiate; notevole l’uso del broccato e dei fili metallici. Gli esemplari del primo periodo, ad esempio i cinque giunti a Venezia tra il 1606 e il 1622, sono meglio annodati e più fini. Successivamente, i maestri annodatori parvero privilegiare più l’aspetto fastoso che la qualità tecnica non curando particolarmente né la precisione del telaio, né la qualità delle tinture. Attribuiti a Kashan, è certamente più probabile, visto il discreto numero di esemplari giunto sino a noi, che furono realizzati anche a Esfahan.