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sabato 5 aprile 2008

La yurta e il tappeto: filosofia degli uiguri

Tappeti annodati e di feltro rappresentano un elemento fondamentale nell'ambiente nomadico degli uiguri e di tutte le popolazioni dell'Asia centrale, e lo fanno svolgendo non solo un elemento decorativo all'interno della yurta o ger (così viene chiamata la loro tenda), ma anche significando il concetto della permanenza precaria sul territorio che una volta usato, goduto, apprezzato poi viene lasciato com'era. Quale altro manufatto infatti può venire preso, arrotolato, portato con sè, iniziato nel suo confezionamento e lasciato e ripreso in qualsiasi istante, continuato da mani diverse, eseguito nell'angolo di una tenda senza arrecare alcun disturbo alla vita che gli si svolge intorno, richiedendo solo una matassa di lana e una forbice?
Le yurte, sono sistemate solitamente secondo le previsioni di pascolo e non devono essere distanti più di una decina di chilometri dal luogo di pastura; quando la distanza tra mandria e tende è tale che per andare dall'accampamento alla mandria e tornare occorre quasi una giornata a cavallo i pastori provvedono a smontare le yurte ed avvicinarsi alla mandria. La yurta è una tenda rotonda, del diametro di quattro-sei metri, La struttura principale è composta da un muro circolare, formato da stecche di salice le sue pareti si chiudono a pantografo e sono tenute assieme da lacci (di pelo di cammello) e rivestite con tappeti di feltro. La porta è rigorosamente disposta verso sud, per motivi geomantici o religiosi, ma anche per avere una migliore protezione dai fortissimi venti siberiani provenienti da nord. Questa struttura composta dal muro e dalla porta è inoltre sorretta e contenuta da una corda che, oltre ad irrobustire la struttura, evita che sotto il peso del tetto il muro si pieghi verso l'esterno. Il tetto di forma conica è formato da pali di abete del diametro di pochi centimetri disposti a raggiera, che, partendo dal muro e collegandosi perfettamente in una delle articolazioni dello stesso, convergono verso una corona centrale, o anello di compressione, la cui apertura funziona da sorgente di luce e da camino. All'interno il muro di stecche di salice è rivestito con tessuto o tappeti. Nella maggioranza dei casi anche il pavimento è di feltro e d'inverno tra due strati di feltro viene sistemato un materasso di erbe secche per un maggior isolamento termico. All'interno della yurta tutto è disposto in modo da trarre il massimo vantaggio da uno spazio molto ristretto; l'organizzazione e la disposizione degli oggetti rispecchiano secoli di organizzazione familiare. L'interno contiene molti letti che servono da sedie durante il giorno, svariati tappeti, un armadietto e una tavola bassa su cui si posa il cibo; vicino all'ingresso si trova la zona cucina con i suoi utensili.
Il nome yurta è di antica origine turca, lingua comune al mongolo originata della stesso ceppo linguistico uralo-altaico, ed in mongolo ha assunto il significato di territorio sul quale un'entità sociale aveva abitudine di condurre vita nomade. Sono stati i russi che hanno abbandonato il significato originario e hanno utilizzato la parola yurta per indicare la tenda dei nomadi. Ancora oggi sopravvive nella lingua turca la parola Yurta con il significato di patria, accampamento o più comunemente domicilio. Il nome mongolo con cui viene indicata la tenda è invece Ger.
La visita a una yurta implica un rigoroso rituale protocollare. Se una persona entra nella yurta di un capo senza preavviso, questa può essere duramente punita.
La mentalità nomade era condizionata dall'ambiente asprissimo di una natura intatta, legato ai tre valori fondamentali che sempre hanno segnato la vita delle popolazioni nomadi della steppa: il proprio corpo, la yurta, il bestiame. Tutto si misurava e si comprava con queste tre categorie di valori, anche sul piano morale. Il tappeto rientra perfettamente in questa filosofia ecocompatibile e fra questi nomadi era ed è diffuso l'utilizzo di impianti e motivi semplici e geometrici, simili ai gul del Turkestan Occidentale. Oggi il progresso forzato della Cina, con i suoi grattacieli, le sue autostrade, le sue ferrovie, il suo esercito di occupazione e la sua moneta sta letteralmente distruggendo questo patrimonio etnico e storico, depauperando una volta per sempre queste testimonianze ancora viventi della vita nomadica nelle steppe.
Lo stile di vita degli uiguri e la loro realtà costituiscono la rappresentazione dell'antico passato, quello che era e quello che sarebbe stato e che vive ancora oggi nelle trame dei loro tappeti. La "cinesizzazione" forzata del territorio e delle genti è un olocausto orribile, che purtroppo ottiene risposte di violenza altrettanto orribile, (è solo di poche ore fa la notizia di una donna uiguri che si è fatta esplodere in un Bus a Urumqi) è disgustoso pensare che gli interessi dell'economia mondiale possano venir supportati dal piccolo egoismo degli sportivi e dell'opinione pubblica che pur di non perdere quest'occasione, preferiscono chiudere gli occhi e celebrare l'evento olimpico che con i valori della Cina comunista non hanno nulla a che spartire. Personalmente Non mi piace che una nazione come la Cina, che non rispetta i diritti umani, ospiti le Olimpiadi, perchè queste sono simbolo di umanità, pace e fratellanza fra i popoli e non una vetrina propagandistica per riverginare un paese che tutt'ora sta colonizzando con la forza realtà culturali che non sono sue.

Si conclude questo breve spazio dedicato alla realtà degli uiguri e dello Xinjiang o Turkestan Orientale, domani ricomincia il percorso sulle orme del passato antico del tappeto annodato.



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