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domenica 20 luglio 2008

Il tamga di Gengis-Khan



Le storie dei Mongoli, ci parlano spesso di tappeti. Sappiamo da documenti e racconti, che Gengis-Khan viveva in una tenda bianca circondato da stendardi sottili e crinuti, molti dei quali riproducevano il «tamga» del capo, vale a dire quel simbolo, antesignano degli stemmi nobiliari, formato da re palline sovrapposte a triangolo che divennero uno dei disegni ricorrenti in una certa produzione di tappeti. Sappiamo che la sua tenda era tappezzata di tappeti al suolo, alle pareti, sulle cassapanche e sugli scranni, e le cronache narrano ch'egli riceveva da avversari sottomessi o da alleati doni, tra i quali i tappeti non mancavano mai. Sappiamo infine che proprio le invasioni mongole, come più tardi quelle musulmane, mentre sconvolgevano e bruciavano il mondo, seminavano fermenti e conoscenze, abitudini destinate a mutare intere civiltà. Nella Storia di Gengis-Khan, scritta nel 1252 da «Ala-ad Din» Ata-Malik Juvaini, luogotenente e governatore di Hulegu-Khan, primo sovrano mongolo di Persia e diretto discendente del Conquistatore del Mondo, leggiamo : « E quel giorno il festino ebbe luogo nella tenda che il Supremo Ministro Yolavach (Dio rafforzi le fondamenta del suo potere ) aveva innalzato con stoffe di splendida trama, e fatto simile alla verde cupola o ad un modello dell'altissima volta. I suoi disegni, per la ricchezza del ricamo e per la bellezza dei colori, erano un cielo con luci di stelle brillanti come lanterne, un giardino dai fiori disseminati a mò di perle. Il pavimento della tenda, coperto da tappeti di tutti i tipi, in tutta la gamma dei colori, sembrava un prato di ogni sorta di erbe fragranti, quali viole, fiori di Giuda e giunchiglie» (vol. II, parte Terza, Cap. II, Dl Bachman e della sua eliminazione). Anche nelle dimore e nelle residenze del «Qa'an» (come viene scritto il nome del Khan) le pareti erano coperte da ogni genere di arazzi e di tappeti multicolori, tempestati di pietre preziose, recati in dono o acquistati dai Mongoli nelle città traversate; e tappeti venivano portati dai servi al seguito del Qa'an in modo da srotolarli immediatamente nel corso delle soste di viaggio. «Il luogo era ameno. Qa 'an aveva in testa la gioia del vino e Moge Khatum, la prediletta tra le sue donne, era al suo fianco. Si compiacque di smontare da cavallo e fece stendere davanti alla tenda tappeti di Nasii (tessuti di seta e d'oro)». (voL I Cap. Cap. XXII, Delle gesta e delle imprese di Qa'an). L'uso e l'abitudine al tappeto annodato a mano era quindi diffuso tra i potenti e corrispondeva ad una tradizione antica ingentilita dall'eleganza e dalla civiltà con cui i Mongoli erano venuti a contatto.

Liberamente adattato da "i Tappeti" di M.L. Varvelli

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