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domenica 30 novembre 2008

Documentari sui tappeti e rugtv

In Italia mancano documentari sui tappeti orientali (a dire il vero scarseggiano anche nel resto del mondo occidentale, ma senz'altro l'Italia è uno dei paesi più lacunosi in questo senso). In questo mondo ormai globalizzato e tecnologicamente avanzato è quasi paradossale il fatto che un prodotto artistico e culturale così misterioso, affascinante ed inesplorato come il tappeto annodato non sia stato ancora oggetto di interesse filmico. Manca l'ingegno, manca l'estro e la fantasia, le persone che potrebbero interessarsi a sviluppare questo aspetto molto interessante per conto della tappetologia, e che potrebbe produrre nuovo interesse di massa, non riescono probabilmente neanche ad immaginare quest'opportunità. Una delle poche dotte trasmissioni televisive che io ricordi è stata quella della domenica 10/12/2006, di"Passepartout" su Rai3 trasmissione storica condotta dal grande Philippe Daverio; trattava per la prima volta con particolare interesse ed approfondimento i tappeti Anatolici (vedasi UshaK) raffrontati con i capolavori ritratti nei dipinti di Lotto e di altri noti artisti del passato rinascimentale. Per il resto (salvo pochi goffi tentativi di alcune imprese commerciali) documenti video sui tappeti non ne esistono. Come avevo già accennato ho in programma di contattare Valerio Massimo Manfredi per suggerire a nome mio e di altri esperti e patiti del tappeto una trasmissione dedicata al tappeto nel mondo dell'archeologia, con particolare riferimento al Pazyryk. Ma i fronti sui quali è possibile operare sono molteplici, internet ad esempio fornisce svariati strumenti per realizzare una webtv, pertanto il progetto ambizioso di realizzare una rugtv una tv dedicata esclusivamente ai tappeti con un suo vero e proprio palinsesto temporizzato e costantemente aggiornabile dipende solo dalla quantità di risorse tematiche disponibili in rete. Se gli amici del tappeto orientale vogliono supportare e sostenere la realizzazione di questo progetto, possono contattarmi via email per segnalarmi i filmati ritenuti interessanti e non commerciali reperibili in rete come ad esempio su youtube, io li implementerò attaverso un sotware che li trasmetterà ad orari programmati attraverso un'interfaccia assolutamente simile a quella di una televisione. Infine c'è l'idea (per ora solo l'idea) di realizzare un giorno un vero e proprio videodocumento autoprodotto, coinvolgendo altri patiti e conoscitori, anche a livello economico; obiettivo: cercare di proporre qualcosa che alla fin fine, risulti un prodotto valido e premiante e non l'ennesimo filmatino amatoriale della situazione.

sabato 29 novembre 2008

La corsa e le lazy line

Un fenomeno curioso che può essere rilevato nel rovescio dei tappeti antichi o vecchi è la presenza di linee verticali o più facilmente diagonali presenti lungo la lunghezza del tappeto. Questo fenomeno che spesso viene interpretato dai profani come un rattoppo o un'anomalia, ingenera disorientamento, ma invece le "lazy lines" (linee pigre) sono un fenomeno assolutamente fisiologico, quando non addirittura caratteristica fondamentale per distinguere i pezzi originali dalle copie antichizzate. La dinamica delle lazy lines è molto semplice:

1) La prima spiegazione riconduce espressamente alla definizione "lazy" e vuole che queste linee siano determinate dal fatto che le annodatrici per risparmiare energie non spostassero lo sgabello e continuassero così ad annodare il tappeto solo fino a dove arrivavano per poi proseguire verso l'alto lì dove arrivava il braccio.

2) La seconda invece è che quando al telaio lavoravano più persone, giocoforza volesse che le annodatrici terminassero il loro tratto di annodatura (con nodo simmetrico) in tempi diversi. Il passaggio e la battitura delle trame, non avveniva pertanto contemporaneamente per tutta la lunghezza dell’annodato, ma anzi ognuno annodava un proprio tratto, più lungo o più corto, creando così l'inevitabile “sfasatura” delle linee di ritorno delle trame.

La soluzione di questa curiosa caratteristica (spesso presente nei tappeti datati dell'Anatolia o del Caucaso) è pertanto il passaggio e la battitura delle trame che non è omogenea, tanto nel caso di un'annodatrice pigra, quanto nel caso di un lavoro eseguito da più persone. Il passaggio e la battitura delle trame si chiama "corsa" ed è fondamentale per reggere i nodi. La corsa può essere semplice, doppia, tripla, quintupla e anche può essere eseguita con la stessa matassa, oppure con due: una di filo più spesso ed una più sottile. È raro che dopo una fila di nodi si faccia passare una sola corsa di trama; nella maggior parte della produzione orientale attuale le trame sono almeno due, una più spessa passata tirata ed una più sottile lasciata più lenta; in parecchi esemplari di produzione meno recente le trame sono tre: una sottile, una grossa, una sottile o all'inverso: una grossa, una sottile, una grossa; oppure (come nei tappeti persiani Bijar) addirittura cinque: due sottili, una grossa, due sottili. Nei vecchi tappeti Khorassan si nota un'alternanza di trame che, osservata dal rovescio del tappeto, lo fa apparire come traversato da righe scure a distanza di qualche centimetro le une dalle altre ; infatti dopo alcune file di nodi separate da una sola trama molto tesa segue un passaggio di tre trame insieme. È giacché le trame più tese non si vedono dal rovescio (il fatto di essere tese fa sì che scompaiano nel corpo generale, più morbido, del tappeto) si notano soprattutto quelle molli, passate con filo più sottile. anche le catene dell'ordito possno essere doppie (altra caratteristica dei tappeti Bijar persiani) oppure essere leggermente sfalsate su due piani in modo che una serie alterna di catene (la prima, la terza, la quinta, ecc.) risulti più avanzata della seconda, quarta, sesta, ecc. Questo sistema che aumenta la compattezza del tappeto, produce un effetto ben noto agli intenditori, e cioè il nodo che forma pelo, e che fissa tra loro due catene consecutive, risulta con i due capi terminali diversi, uno più lungo e uno più corto, per effetto della diversa tensione cui è sottoposto.

Immagine esemplificativa tratta e liberamente adattata dal sito http://www.tcoletribalrugs.com/

venerdì 28 novembre 2008

USHAK Atelier di Meraviglie

Una tipologia contemporanea interessante sono i tappeti di Classical Carpets un'azienda dedicata al rilancio di modelli classici che si rifanno a quelli ritratti nei dipinti rinascimentali di Lotto, Holbein e Ghirlandaio e il cui referente italiano è l'amico architetto Andrea Pacciani. Si tratta di tappeti che vengono annodati a mano da artigiani tessitori dell'Anatolia centrale, nella stessa città e nei villaggi da cui questi disegni traggono origine, utilizzando lana cardata a mano e coloranti vegetali o minerali naturali. In questa produzione si è voluto pedissequamente includere tutti i dettagli visti nei tappeti antichi, compresa la tintura della lana delle trame e degli orditi, l'abbondante kilim e le lunghe frange. Il lancio di questa ardita iniziativa e di questi tappeti che i promotori tengono a precisare non essere copie ma "tappeti contemporanei, con disegni classici" avverrà a Parma il 13 dicembre presso lo studio di Andrea Pacciani, dove insieme a lui sarà presente Christopher Robin Andrews Architetto designer e promotore dell'iniziativa. Naturalmente sono stato invitato all'evento, al quale cercherò di non mancare; in tal caso pubblicherò per gli amici del blog un approfondito reportage su questa rinascita tradizionalista.

giovedì 27 novembre 2008

Rug invaders

Rug invaders è un originale progetto che rientra nella tipologia dei tappeti decorativi, ma che non ha nessuna pretesa se non quella di proporsi come un oggetto cult. E' un tappeto persiano disegnato ed elaborato qualche anno fa su ispirazione dell'artista polacco Janek Simon e non è nient'altro che l'omaggio al famoso videogame arcade "Space invaders", costo 3000$. Idea carina, prezzo impegnativo.

mercoledì 26 novembre 2008

I miei articoli anche su tappetisicuri

E' finalmente partita la collaborazione con tappetisicuri. Contattato dal gentile signor Feri, ho dato il mio assenso a pubblicare liberamente all'interno del loro portale gli articoli di tappetorientale. E' una collaborazione che svolgo con piacere, perchè il futuro che attende noi commercianti e studiosi di tappeti, è arduo ma entusiasmante e va affrontato tutti insieme, centro nazionale del tappeto di Tehran compreso.

Qui un mio primo articolo approdato nel loro sito:

martedì 25 novembre 2008

Herat una manifattura scomparsa

I tappeti Herat e il motivo "Herati" prendevano il nome dalla importante città Afghana una volta Persiana, nonchè antica capitale della provincia del Khorassan (centro di cultura famoso sotto la dinastia Timuride e poi sotto lo Shà Abbass). Si tratta di tappeti sbocciati nel 1500 dai motivi floreali e dai disegni curvilinei, con foglie lanceolate, tralci floreali a spirale, arabeschi e nastri intrecciati. I tappeti di Herat conservati oggi gelosamente nei musei vengono divisi secondo i periodi storici in cui furono prodotti, che sono principalmente tre: il gruppo più antico risale alla fine del secolo XV e presenta esemplari conservati nel Museo di Vienna, nella raccolta Rockefeller-Mac Cormick, nel Museo Civico di Torino, nel Musèe des Arts Dècoratifs di Parigi, nel Vittoria and Albert Museum di Londra e nel Metropolitan Museum di New York; un secondo gruppo va dalla fine del XVI secolo alla metà del XVII e distingue la produzione più intensa promossa dallo Shà Abbas per la esportazione verso l'India e l'Europa. Esistono fedeli riproduzioni di questi esemplari in quadri dell'epoca firmati da Rubens, Van Dyck, P. de Hooch, G. Vermeer ed altri ; e un terzo gruppo che va dalla metà del XVII secolo al 1960 e comincia a tradire ripetizioni ed impoverimenti sia nelle decorazioni che nell'uso di lane grossolane e di tinte smunte e stridenti. Oggi queste produzioni si sono praticamente fermate e gli Herat, definiti di categoria "decorativa", che qualcuno vende come afghani sono quasi tutti prodotti in Pakistan. Questi tappeti decorativi che non fanno altro che riproporre l'espressione di una stanca e poco originale trasposizione di motivi delle età passate, sono un fenomeno di mercato che lascia il tempo che trova. Ibridi, senza anima e senza storia, tappeti contemporanei di una certa tendenza, che non rappresentano una manifattura antica o tradizionale e neppure un proseguo, ma piuttosto un esperimento di mercato che con queste "imitazioni decorative" -a partire dal nome- tentano di immettere anche nel mondo del tappeto il concetto di "brand" o "marchio", laddove i tappeti invece si sono sempre contraddistinti per la loro provenienza geografica o per l'origine dell'annodatore. Ottimi materiali, grande ricerca nei disegni, canali distributivi selezionati, questi sono i punti cardine che promuovono questa nuova generazione di tappeti che nulla hanno a che spartire con gli Herat di un tempo, tranne il nome, ahimè drammaticamente usurpato.

lunedì 24 novembre 2008

I tappeti nell'archeologia

La cosa più affascinante per un tappetologo è senz'altro interrogare un passato che non può rispondergli se non in una maniera sconnessa ed inesplicabile con frammenti, citazioni o reperti che di volta in volta ritornano alla luce per rischiarare l'abissale ignoranza della nostra umanità. Il mosaico che ne esce è sconvolgente, perchè tracce di tappeti se ne scorgono un po ovunque, e in tutti i periodi storici, e scoperte come ad esempio il Pazyryk rimettono ogni volta tutto in discussione. Resta infatti stupefacente ipotizzare una maestria come quella che a quel tempo realizzò quel tappeto, tanto che ancora oggi, questo straordinario manufatto viene difficile da identificare: manufatto Urarteo? Forse Achemenide? Qualcuno lo reputò persino atlantideo. Del resto se si considera che il genere umano può essere vecchio di 2 milioni di anni, c'è stato ovviamente tutto il tempo perchè altre civiltà arrivassero ad un livello corrispondente al nostro -anche nel produrre tappeti- e a uguali capacità di distruzione. Subito il pensiero va alla piramide di Giza che secondo studi incrociati di astronomi e di geologi sarebbe antica di ben 12mila anni e non di 4570, ed è proprio in Egitto del resto che troviamo nelle tombe di Beni Hassan (2800 a.C - 2600 a.C) dipinti
murali di tessitori al lavoro, oltre ad altri numerosi dipinti murali del 2000 a.C che raffigurano telai dove vengono presumibilmente confezionati tappeti. E qui il pensiero vola subito agli affreschi nel Turkestan delle grotte di Turfan, dove assistiamo alle più antiche immagini di tappeti probabilmente di feltro, intesi come rappresentazione della potenza religioso-spirituale, alla glorificazione del Buddha. Sui rilievi di Al Tar invece, non lontano dalla città irachena di Karbala, in grotte destinate all'inumazione dei defunti, furono rinvenuti brandelli di tappeti con doppio vello, databili tra il 250 ed il 650 d.C. .Furono probabilmente tessuti in area persiana, e probabilmente utilizzati per la sellatura dei cavalli, come sembra confermare la tecnica della doppia annodatura, quanto mai adatta nella riduzione dell'attrito. Un'altra testimonianza archeologica interessante è l'Apadana a Persepolis dove nella processione delle popolazioni sottomesse all'impero Persiano, vengono figurati i babilonesi impegnati a portare in dono a Ciro il grande i loro tappeti annodati. A proposito di archeologia e di tappeti, sto pensando di segnalare l'argomento Pazyryk a Valerio Massimo Manfredi, chissà che non venga raccolto l'invito ed esca una trasmissione televisiva tappetologicamente interessante.

domenica 23 novembre 2008

Situazione della produzione contemporanea persiana

La civilità del benessere è ormai entrata prepotentemente nell'iran moderno. Contrariamente a quanto sta avvenendo in Europa e negli States che stanno vivendo un periodo di involuzione industriale ed economico, l'antica Persia è invece nel suo pieno boom industriale.
Con un fenomeno di crescita dell'immigrazione sconvolgente ed il mercato delle costruzioni in costante aumento, l'iran attira ormai sul suo territorio industrie e capitali stranieri trasformandosi ogni giorno che passa in una realtà postmoderna sempre più lontana dal nostro immaginario e dai ricordi degli stessi persiani. Di fronte a questo progresso.. si conclude ormai l'epopea dei tappeti persiani; fare infatti un tappeto in Iran costa ormai carissimo, sia all'imprenditore che all'artigiano singolo. Il risultato di questo processo socioeconomico è la chiusura inevitabile di tante manifatture storiche, come è stato per Veramin o più ultimamente per Joshagan, oppure il rinchiudersi -ancora una volta- nella ricerca della qualità e della perfezione esasperata creando ancora una volta tappeti extrafini di un'accuratezza assoluta ma che possono esistere solo per pochi, desertificando così ulteriormente il parco della produzione persiana e limitandolo ad un'arte di nicchia. Così, minacciato dal progresso del proprio paese, dalle manifatture imitative cinesi e indiane, dal calo del fabbisogno interno e della domanda esterna dovuta da una crisi del gusto e dell'economia, il tappeto persiano, consapevole del rischio stesso della sua sopravvivenza è ormai aumentato di prezzo in una maniera vertigginosa. Oggi per paradosso, i tappeti persiani costano meno in Italia (i magazzini ne sono stracolmi) che in Persia. Ma proprio questo fenomeno ha ingenerato anche nel nostro paese un nuovo elemento speculativo: l'idea di ricominicare a proporre i tappeti persiani a prezzi nuovamente alti, solo "perchè in Persia i prezzi sono aumentati".
E' una strategia che lascerà il tempo che trova, perchè la crisi del tappeto persiano ha problematiche ben più profonde e ben più radicate, interconnesse con i cambiamenti del mondo stesso, e che non possono venir risolte con l'ennesimo aumento del prezzo. Si può anzi onestamente presupporre che è proprio allontando il tappeto dal popolo, trasformandolo in un prodotto di elite, stravolgendolo nel suo intimo significato di oggetto d'uso: arte di popolo per il popolo, che si produrrà invece un ulteriore passo in avanti nella sua definitiva scomparsa. Ma queste sono solo delle mie considerazioni.

Qualche settimana fa un grossista di Teheran mi aggiornava sui Tabriz, dicendo che ormai in Iran i prezzi erano saliti e sarebbero saliti ancora. Io gli dissi: "certo, certo, saranno anche aumentati, ma ne hai venduti tanti? Oppure li hai ancora tutti lì in magazzino?" un attimo di riflessione e poi la sconcertante ammissione "si è vero, purtroppo non ne ho ancora venduto uno".

Amen.

sabato 22 novembre 2008

Arrivano le sedie e i divani tappeto



E' un progetto elaborato da Tonio de Roover voi cosa ne pensate? Non credo che siano comodi.

mercoledì 19 novembre 2008

Pensieri sparsi


Voglio prima di tutto ringraziare gli amici e le persone che privatamente e pubblicamente mi hanno voluto manifestare la loro solidarietà in questi giorni difficili. Quando succedono queste cose, non esiste infatti solo un danno materiale, ma anche un danno morale per un avvenimento schoccante, che ti abbatte e che ti fa sentire intimamente calpestato. La professionalità con la quale i ladri hanno agito, neutralizzando sistematicamente ed in maniera indisturbata tutte le difese del negozio; le modalità e la sfrontatezza con la quale hanno colpito (pensate che una caserma dei carabinieri è posta a pochi metri dalla ditta)... Tutto insomma lascia pensare ad un colpo su commissione da parte di professionisti o qualcosa di peggio. Il colpo è stato duro e mi ha imposto per forza di cose una battuta d'arresto e di riflessione. Ma voglio rassicurare i miei lettori, perchè sicuramente continuerò a scrivere in questo blog, del resto sarà un modo anche per distrarsi. Vedere i danni arrecati, ripercorrere i gesti di queste persone, mentre io e mia moglie ignari dormivamo a casa nostra, immaginare questi sconosciuti muoversi in mezzo alla mia roba, nel mio negozio, profanando una realtà commerciale che rappresentava anche nelle piccole cose una nostra quotidianità e il nostro intimo: la scrivania in disordine, gli oggetti smossi, i tappeti staccati dalle pareti, beh sono cose che lasciano il segno e che certamente mi stanno portando a valutare aspetti che non avevo mai preso in considerazione. Le indagini, le riparazioni da avviare, lo sbacalimento, sono tutti elementi che hanno concorso e concorrono tutt'ora al rallentamento delle mie normali faccende "tappetologiche", a questo proposito mi scuso con un mio lettore che tre giorni fa mi ha chiesto un expertise per un suo ampio tappeto persiano, e che solo ieri sera sono riuscito a mandargli per email, ma sono certo che comprenderà la situazione che ha comportato questo ritardo.

Un saluto a tutti e a presto.

giovedì 13 novembre 2008

Furto con scasso

Oggi avrei voluto parlare della produzione contemporanea persiana, ma non sono nello stato psicologico adatto. La scorsa notte ladri organizzatissimi hanno infatti irrotto all'interno della mia ditta creando gravi danni. Un furto con scasso che ha cancellato in me (almeno per il momento) tutta quella voglia di fare e di dire sui tappeti, in ogni campo, blog compreso. Ora sono frastornato, vogliate pertanto perdonarmi se per un certo periodo di tempo non aggiornerò queste pagine.

Avviso per i clienti: la ditta resterà temporaneamente chiusa, per eventuali comunicazioni non esitate a contattarmi.

Grazie a tutti gli amici che da questo momento in avanti mi attesteranno la loro solidarietà.

Alberto D.

mercoledì 12 novembre 2008

La bolla dei tribali

In questo clima di crisi finanziaria ed economica, dove la perdita di migliaia di posti di lavoro è all'ordine del giorno e il crollo delle borse non fa più notizia, l'italiano medio si interroga amleticamente su cosa ne sarà di lui. Le domande ovviamente se le pongono anche i commercianti, che spesso sono incapaci a percepire i cambiamenti nella società e che per questo attendono atavicamente (molte volte sbagliando) che torni il sereno, senza fare altro. L'italiano medio, aiutato dai pregiudizi di una visione politica altamente superficiale ha iniziato con il convincere e il convincersi che la crisi nei piani alti non esista; questo fenomeno ha indotto molti commercianti a inseguire uno standar qualitativo più alto, chi non ha potuto farlo ha semplicemente ritoccato smisuratamente i prezzi, vestendo improvvisamente di valore cose diversamente banali. Ma l'idea che tutti possano vivere di un mercato di nicchia e di elite basato sull'altissima qualità è un'utopia, perchè questo genere di clientela rappresenta il 2% e non può assolutamente soddisfare le ambizioni di tutti quelli che hanno messo su bottega . Quest'idea fallimentare e del tutto utopistica si è naturalmente riflessa anche nel mondo del tappeto, qui i commercianti hanno iniziato ad inseguire i particolarismi delle iconografie, a guardare i tappeti con occhi diversi e a proporli con occhi diversi, hanno iniziato a proporre stracci con i buchi e completamente rapati presentandoli come antichi e proponendoli a prezzi esorbitanti, hanno alzato i prezzi dei tappeti solo perchè si dice che in Iran abbiano fatto lo stesso. E' la strada dell'autistico autoreferenzialismo insomma, la stessa che in tv propone come "museali" degli onesti tappeti persiani che museali non sono, una strada che ha ormai prodotto una vera e propria bolla speculativa che molto presto dovrà scoppiare.

martedì 11 novembre 2008

Tappeti moderni? No grazie

Due settimane fa circa, l'opera Jurgen Dahlmanns ha esposto le sue nuove collezioni di tappeti moderni al Chiostro di San Marta, a Bergamo, con la collaborazione e il mecenatismo della famiglia Cobelli, titolare de «La Torre Tappeti». Innovazioni e sperimentazioni che non mi entusiasmano, che francamente non riesco a collegare all'interno di in un percorso filologico di evoluzione del tappeto. Ho una personalissima idea dell'arte moderna e contemporanea, spesso questa, ha svolto compito di rottura, una rottura così traumatica, polemica, concettuale e alla fine così autoreferenziale da rendere la manualità stessa inutile, così inutile che se non fosse stato per la nascita della transavanguardia, l'arte stessa sarebbe morta per eutanasia. Il tappeto moderno non ha -a mio avviso- nulla a che spartire con il tappeto orientale annodato, se non la semplice funzione di ricoprire pavimenti, tavoli e superfici in un ambito decontestualizzato. L'arte moderna e contemporanea, è compatibile con il tappeto orientale? Si può amare veramente il tappeto tradizionale e allo stesso tempo promuovere e sdoganare il tappeto moderno? Il tappeto annodato orientale è arte di popolo, conserva e documenta la storia, la religione, il sentire di un determinato popolo o di una determinata realtà locale. Il tappeto progettato da un'artista occidentale anche quando questi è prodotto in Nepal o in Tibet con le lane più squisite e con le tinte vegetali, rappresenta invece un concetto o una denuncia di un artista, niente di più. Il simbolismo talismanico di un tappeto curdo o caucasico ha un valore oggettivo, storico e filosofico, rappresenta infatti la sintesi di una religione o di una superstizione, oltre che l'evoluzione culturale di una determinata realtà e di un manufatto; ma il simbolismo di Haring o di Pollock ha come chiave di lettura la rappresentazione mentale dell'autore che tra l'altro dev'essere spiegata da critici in quanto personalissima traduzione su tela dei pensieri dell'artista. Al di là della questione concettuale, va anche denunciata una certa mancanza di flessibilità da parte dell'arte moderna, l'arte moderna spesso rifugge da tutto quello che è riconducibile al vecchio e al classico, lo marginalizza, anche solo per una questione di forme e di spigoli che in un medesimo spazio sono impossibili da condividere con l'arte classica. Lo stile barocco all'interno del tappeto annodato orientale è tramontato proprio per questo, agli architetti d'interni infatti è venuto più facile accostare al minimalismo e alla rigidità delle forme arredative moderne una rigidità iconografica presente nei tappeti geometrici; questo comportamento ha purtroppo drammaticamente finito con l'emarginare intere manifatture come i Kashan e i Kirman che sono ormai obsolete. Il tappeto moderno quindi è solo un sostituto, un surrogato al tappeto orientale annodato, non è una sua evoluzione, ma una pallida imitazione che francamente non potrò mai considerare positivamente. Potrei proseguire ma.. è tempo di andare ad aprire il negozio.

lunedì 10 novembre 2008

Guardare un bel tappeto fa bene

Recenti studi condotti presso un laboratorio americano hanno fornito dati interessanti:

ai volontari dell'esperimento -monitorati da sofisticate apparecchiature in grado di registrare le onde encefaliche (delta, theta, alfa, beta e gamma) - sono state mostrate opere di arte classica alternate ad opere di arte moderna. Il risultato è stato sorprendente, la costante sempre la stessa: anche se al dire degli interessati le opere moderne venivano razionalmente giudicate "belle" o "interessanti", le frequenze encefaliche li tradivano inesorabilmente, con livelli di stress fortissimi, che alla vista di opere classiche scomparivano. L'inconscio infatti non riconosce il processo razionale e quindi "concettuale" con il quale viene "indorata" la pillola dell'opera d'arte moderna, ma discerne una beltà oggettiva da una bruttezza oggettiva a livello istintivo. In poche parole: la vista di un bel quadro o di un bel tappeto fa bene alla salute.

domenica 9 novembre 2008

Il tappeto nella parabola discendente dell'uomo

Il tappeto è inesplicabilmente una conquista scientifica che ha accompagnato insieme alla ruota, agli indumenti e alla scoperta del fuoco il lungo cammino evolutivo dell'uomo e che insieme ad esso si è accompagnato ed evoluto. E' interessante a questo proposito analizzare il cammino di questo manufatto e la sua evoluzione stilistica e strutturale durante la storia dell'uomo.

I primi tappeti nacquero verosimilmente nel periodo neolitico ovvero l'età della pietra, l'ultimo dei tre periodi che costituiscono la preistoria. Fu un periodo contraddistinto da notevoli innovazioni: litotecnica (lavoratura della pietra), nascita dell'agricoltura e dell'allevamento.
Fu proprio durante questa grande rivoluzione che si iniziarono a realizzare stuoie di erba, di corteccia o di pelle animale. Rilevamenti e studi archeologici ritengono infatti che le popolazioni palafitticole e cavernicole avessero già intrecciato stuoie vegetali per riparare i piedi nudi. La lavorazione della pelle fu quella che portò poi alle prime rudimentali tecniche di tessitura, conciatura e tintura. Gli studiosi affermano che il telaio esisteva ben prima del 3000. a.C. brani di tessuto sono stati trovati in Svizzera e riferiti all'età del rame. Indumenti di stoffe del neolitico ed altre che risalgono all'età del bronzo inferiore (secondo millennio a.C.) sono venuti alla luce in Danimarca. In Egitto e in Mesopotamia intorno al 3000. a.C era diffuso il telaio, che serviva non solo per abbigliarsi di leggerissimi veli di lino , ma anche per grandi tele da appendere alle pareti, come sappiamo da documenti rinvenuti nelle tombe dei faraoni. Drappi di vario genere addobbavano le case dei ricchi e venivano stesi sui tavoli, altri erano impiegati come scendiletto. Sulla base di queste testimonianze la giovane scienza del tappeto orientale considera dunque che i primi tappeti in forma non annodata fossero già in uso a partire dal 3000 a.C. ma sono informazioni che giungono da un passato che riemerge di volta in volta con nuove testimonianze, con nuove scoperte, ognuna delle quali può spostare la lancetta dell'orologio di parecchie centinaia di anni. Del resto alcune stoffe in lana appaiono anche in alcune pitture murali, scoperte pochi decenni fa in Medio Oriente e risalenti al quarto millennio a.C. mentre alcuni frammenti di tappeto piatto riconducibili al periodo protostorico sono stati rinvenuti in caverne dell'Asia centrale. Ma tessere un semplice oggetto d'uso non poteva bastare, ben presto il pastore nomade che poteva proseguire a tessere tappeti monocolore usando la lana a sua disposizione, decise di aggiungere dei peli neri di capra, per poi tingere le lane attraverso l'estrazione di principi coloranti da fiori, bacche e radici. Sul vello dei tappeti i nomadi iniziarono a rappresentare i simboli dei clan di appartenenza e i momenti significativi della propria storia, ma non solo: iniziarono a dare anche espressione alla loro creatività, volta a celebrare con colorati e molteplici decori l'esaltazione di una natura rigogliosa e variopinta, tanto più agognata e idealizzata presso genti destinate a vivere in terre aride e desertiche.
Da quanto ricapitolato e visto, il tappeto dunque, si evolve, da intreccio di corteccia e/o fibre a lavorazione e concia della pelle, fino alla tessitura del lino e della lana e alla sua conseguente annodatura, lo sviluppo dei decori e l'abbandono della monocromia, seguendo di pari passo l'evoluzione e il cammino dell'uomo. Evoluzione dei decori e della qualità seguiranno di li in avanti una parabola ascendente che ignora la periodizzazione tradizionale della Storia d'Europa, (vedasi tappeti selgiuchidi, mamelucchi, timuridi) e che raggiunge il suo un picco verso la fine del 1400 in pieno rinascimento (dinastie e produzioni Safavidi e Moghul). Da quel momento il tappeto orientale vive un periodo di "splendido isolamento" fino al 1800, secolo durante il quale inizia il suo declino, in Persia e in Turchia a causa della domanda occidentale, in Caucaso e in Asia Centrale a causa del dominatore russo. Indipendentemente dall'area, il percorso è il medesimo: colori sintetici, produzioni standarizzate, scadimento di qualità, diminuzione dei decori, realizzazione di tappeti ibridi. Oggi il "progresso?"... ha chiuso le manifatture, sedentarizzato i popoli, sostituito con le macchine il lavoro manuale.

Il tappeto come puro oggetto d'arredo, viene via via svuotato del significato simbolico e ricreato seguendo le mode e le esigenze del mercato. Si riscoprono i geometrici, poi via via si impiantano manifattura in Tibet ed in Pakistan per realizzare tappeti exnovo sempre più minimalisti, e monocromi (i decorativi), fino a ritornare all'intreccio di carattere "neolitico" di fibre di cocco, di corda e altre soluzioni alternative. Viviamo una crisi economica ed una ecologica dove secondo le ultime stime, se non una, l'altra sicuramente travolgerà l'uomo, portandolo a rischio della sua stessa sopravvivenza. Il cerchio si chiude: eravamo partiti da un tappeto di fibre intrecciate e al tappeto di fibre siamo ritornati, 6000 anni di storia e di evoluzione per ritornare alla stuoia di cocco.

C'è da pensarci su.

sabato 8 novembre 2008

Tappetorientale collabora con Tappetisicuri

Come avevo precedentemente annunciato , qualche giorno fa sono stato contattato per una richiesta di collaborazione con un portale cui fa riferimento una delle più importanti figure in Italia nel campo dei tappeti orientali. Questo portale è tappetisicuri.it e la figura di cui parlavo è Taher Sabahi presidente e fondatore della rivista "Ghereh". Naturalmente vista la serietà e la missione del progetto nonchè la caratura dei personaggi, ho accettato con grande onore di potervi collaborare. Ora stanno cambiando l'impostazione della home page, per dare più risalto alla sezione news (dove inseriranno i miei articoli), non appena il portale sarà pronto, gli articoli di "tappetorientale" approderanno quindi anche su http://www.tappetisicuri.it/

venerdì 7 novembre 2008

I tappeti di D'Annunzio

D'Annunzio è stato sicuramente un grande estimatore dei tappeti orientali, tanto da collezionarne più di 160. Un modo tutto originale di collezionarli: nessun pezzo appeso alla parete, ma tutti praticamente disposti a terra in maniera orientale, con originali sovrapposizioni caratteristiche delle case di quei paesi. I tappeti sono sempre rimasti esposti presso la residenza D' Annunziana del Vittoriale, a Gardone, ma oggi si inaugura alle ore 18.00 (ingresso a invito) la mostra "Gli amarantini prediletti da Gabriele D'Annunzio", organizzata a Palazzo Farnese (nello spazio espositivo della cittadella) da Area Sisal, azienda piacentina che si occupa del commercio di tappeti persiani e orientali. L'iniziativa è incentrata sulla passione che D'Annunzio nutriva per i tappeti orientali, in particolare per quelli provenienti da Bukhara, i cosiddetti appunto "amarantini", protagonisti dell'esposizione. La mostra, oltre alla riproduzione di alcuni degli ambienti riccamente arredati del Vittoriale, cercherà di portare all'attenzione le citazioni letterarie in cui il Vate accennava a questi manufatti, come nel romanzo Forse che sì, forse che no, in cui si trova la denominazione appunto "amarantini".

Notizia liberamente tratta e adattata da http://pcturismo.liberta.it/asp/default.asp?IDG=50100&H=

giovedì 6 novembre 2008

Kilim Navajo

Spesso i sostenitori del diffusionismo riportano a supporto delle tesi diffusionistiche le grandi opere megalitiche presenti in maniera quasi uniforme su tutto il pianeta terra. Secondo questa interessante teoria, alla base delle nostre culture esisterebbe una matrice unica e antidiluviana dalle cognizioni ingenieristiche estremamente avanzate che un qualche evento traumatico nella storia (forse proprio il diluvio universale) avrebbe scompaginato e quasi cancellato totalmente. Non tutti sanno che forti elementi di studio del diffusionismo possono riscontrarsi anche nei tessuti americani e non solo nelle piramidi egizie o atzeche. I tappeti Navajo sono ad esempio una mirabile espressione artistica tessile degli indiani del nord america che ha sviluppato (nell'isolamento completo) iconografie proprie ma al contempo medesime a quelle parsi ed indoeuropee. Rombi, svastiche, simboli totemici e talismanici, caratterizzano un genere di tappeto piatto nordamericano che alle volte può essere confuso e scambiato per un kilim di origine persiana.

mercoledì 5 novembre 2008

Importanti riconoscimenti


La conferma del successo di questo progetto, non viene solo dai commenti o dai numeri dei visitatori, ma anche dal riconoscimento che giunge alle volte da importanti personalità del settore. Dopo aver ottenuto l'attenzione di esperti e professionisti come Barry O'connel, ieri sono stato contattato per una collaborazione con un portale cui fa riferimento una delle più importanti figure in Italia nel campo dei tappeti orientali. Per ora non voglio anticipare nulla, anche perchè i contatti sono appena iniziati. Non appena il discorso raggiungerà una definizione certa, non esiterò a ufficilizzare in questa sede il probabile nuovo approdo dei miei articoli anche in detto portale.


lunedì 3 novembre 2008

Tappeti Burjesta

Un amico lettore mi ha chiesto qualche informazione sui tappeti Burjesta:
I tappeti Burjesta sono tappeti di tradizione iranica di tecnica "mista". I decori intessuti con la tecnica "Kilim" vengono risaltati da aree a nodo Senneh. Questi tappeti vengono realizzati in lana, i simboli utilizzati sono quelli archetipo/tribali spesso a impianto orientato, e i colori sono vivaci. Il risultato è un tappeto di qualità, vivace ma dai colori armoniosi e con un valore tradizionale (dal punto di vista iconografico s'intende) di un certo spessore.