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sabato 3 gennaio 2009

I tappeti Bakhtiari

Bakhtiari è il nome di un'antica e nobile tribù nomade di ceppo Lori che oggi sopravvive in condizioni stanziali nella regione del Chahar Mahal nell'Iran sud-centrale, presso la catena montuosa Zagros. Nonostante il loro carattere fiero ed impetuoso (anzi proprio per questo) furono costretti loro malgrado a partire dagli inizi dell'800 a un doloroso processo di sedentarizzazione, oggi propriamente compiuto e che si è tradotto nell’abbandono del nomadismo e nella fondazione di una serie di cittadine come: Shahr Kord, Chale Shotor, Shalamzar, Farah Dumbeh e Saman, da cui giungono i loro tappeti. Il fulcro della produzione tessile dei Bakhtiari è un decoro a formelle o riquadri derivato dall’antico disegno a "giardino" del periodo Safavide. Il campo è suddiviso in riquadri da una griglia che interpreta l'originale rete di canali e ruscelli. Ogni riquadro è decorato da alberi (salici e cipressi) fiori stilizzati, animali, uccelli e fontane, talvolta vengono raffigurati dei piccoli mihrab e anche dei Boteh, il tutto racchiuso da una bordura principale e sempre racchiusa da cornici minori. Il motivo a giardino è un disegno tipico, ma non l’unico, ve ne sono anche altri, meno frequenti, come quello tipico dei Farah Dumbeh.I colori sono vivaci e rustici, con predominanza di bruni, marroni e bianchi. Il nodo è generalmente turco. Ma alcuni modelli floreali molto belli e che vengono realizzati nel capoluogo curdo di Shahr, sono annodati con il nodo persiano. Trama e orditi sono sempre in cotone, questo permette la realizzazione di manufatti che spaziano da una certa grossolanità (60.000/80.000 nodi al mq) fino a tappeti di una relativa finezza (200.000/300.000 nodi al mq) conosciuti anche come "Bibibaf", “Chahal Shotur” e “Saman”. Il vello è sempre in lana e presenta svariati livelli di qualità, può presentarsi opaco, molto opaco o molto lucido, la rasatura è medio-alta o alta. I Bakhtiari realizzano anche una discreta varietà di oggetti d’uso, come selle, tascapane, e sacche portavivande. La qualità dei manufatti Bakhtiari spazia da tappeti di uso comune di livello inferiore a pregevoli esemplari da collezione. Tra i primi ci sono certamente i tappeti “Hori” (così chiamati per la grossolanità del nodo turco realizzato), tra i secondi invece vanno certamente ricordati i "Bibibaf", “Chahal Shotur” e “Saman”. I Bakhtiari vecchi e antichi sono molto ricercati e rari da reperire.

7 commenti:

freddy ha detto...

A completamento di quanto postato da Alberto, sempre preciso nei particolari, vorrei aggiungere un paio di considerazioni: La famiglia Backtiari e' fra le piu' nobili dell'Iran tanto che Soraja, moglie dello scia Palevi, discendeva da quella famiglia. Per questo quando lo scia fondo' la Compagnia persiana del Tappeto per ricreare lo stile e le fattezze dei vecchi tappeti persiani (Scerkat - scusate l'inesattezza del termine) fu uno dei primi tappeti ad essere considerato. Ciao a tutti da Freddy

antonio ha detto...

In effetti ci sarebbe da dire qualcosa di più ampio sui Bakhtiari e fare delle precisazioni. In passato scrissi un articolo in proposito ma non penso sia questo lo spazio giusto per proporlo. Comunque ha fatto bene Alberto a parlare di un popolo molto importante per la produzione di manufatti tessili e che, sino agli anni cinquanta, pochi studiosi sapevano dell'esistenza.
Saluti.

antonio ha detto...

In effetti la Sherkate Farsh, fondata nel 1936 da Reza Pahlavi, fondò le prime manifattura ad Hamadan e Kirman. Quasi contemporaneamente, venne impiantata a Karadja una manifattura per la preparazione delle lane che poi venivano portate presso tutte le sedi della ditta sparse in varie località. Lo scopo principale della compagnia era quello di confermare disegni tradizionali e tecniche tradizionali, preservandole da una inevitabile scomparsa. Soraya Esfandiary Bakhtiari, fu sposa di Mohammad Reza Pahlavi, figlio del fondatore della Sherkate Farsh che, in realtà, poco si occupò dei Bakhtiari.Un saluto.

freddy ha detto...

Ciao Antonio la tua precisazione e' valida in quanto , erroneamente, ho confuso nell'articolo il padre con il figlio che portano lo stesso nome. Comunque la manifattura Sherkate Bakhtiari e' stata seguita dal figlio Mohammad Reza Palavi proprio in onore della moglie. Nella mia collezione ho un tappeto dell'epoca, piu' o meno,che spero di pubblicare nel blog Tappeti magazine. Questa precisazione mi venne fatta, alcuni anni or sono, da una signora persiana di Isfahan, trasferita per ovvi motivi in Italia. Un caro saluto da Freddy e se non l'ho ancora fatto, Buon Anno a te e famiglia.

antonio ha detto...

Grazie per gli auguri che contraccambio calorosamente. Quanto ai Bakhtiari, come spiegavo nel mio scritto a suo tempo pubblicato, ritengo sia improprio parlare di annodati di manifattura con il termine "Bakhtiari" che a mio giudizio, confortato da molta letteratura in merito, deve essere riservato ai soli prodotti realizzati dai ceppi tribali Chahar Lang e Haft Lang, oltre ad altri di minor importanza. La “lega Bakhtiari”, e non famiglia o tribù perché composta di diversi ceppi tribali, come quelle Qashqa’i o Khamseh, una volta iniziato alla fine dell’ottocento una lenta ma progressiva sedentarizzazione, vista l’enorme ricchezza accumulata con i proventi petroliferi che ne decreterà in seguito la distruzione politica per mano dello Shah, istituì molte manifatture stanziali nelle principali cittadine del Chahar Mahal. Questi manufatti devono essere denominati con questo toponimo, riservando il nome Bakhtiari alle sole realizzazioni tribali quali piccoli annodati e prodotti d’uso. Anch’io possiedo un Chahar Mahal, databile a cavallo 800/900, da 3,70 x 1,80 a campitura floreale disseminata con rose, boccioli, garofani, campanule, primule, unite fra loro da rametti stilizzati, che è realizzato con un’impronta tribale ma è sicuramente di manifattura domestica organizzata. Se la Sherkate Farsh abbia impiantato una manifattura nel Chahar Mahal, sinceramente non lo so, di certo alcuni decori furono utilizzati anche in altre regioni geografiche. Un esempio è il disegno “kheshty” (a pannelli), adottato a Tabriz dalla manifattura di Taba Tabai. Naturalmente quanto detto è un semplice parere personale che non è certamente scandaloso non condividere. Volevo concludere ringraziando per aver parlato di questi manufatti che io ho studiato ed amo molto ritenendoli fra i più interessanti, almeno sino al 1960, del panorama persiano.

paolo ha detto...

Tempo fa avevo tentato di approfondire la mia conoscenza delle manifatture del Chahar Mahal (più o meno: "quattro cantoni").
Mi ero meravigliato per la varietà degli impianti iconografici, oltre al classico "khesti" o "a formelle" che un po' tutti conosciamo.
In un certo senso mi è parso di poter notare un parallelismo con le manifatture del Karabagh, che spaziano da motivi rigorosamente geometrici al gol farangh.

antonio ha detto...

All'amico Paolo volevo dire che la sua considerazione è esatta. Il parallelismo è che nel Chahar Mahal, come ho detto, esistono prodotti di manifattura domestica o di piccole cooperative, e nel Karabagh esistevano manifatture reali impiantate nel periodo Safavide e laboratori cittadini dove venivano annodati tappeti su schemi e telai prefissati. Nelle due aree esistevano però anche prodotti nomadici o rurali, molto più schematici ed annodati a memoria. Nel Karabagh, ad esempio, i Kasim-Ushag,i Celaberd ed altri.Analogo discorso si può fare per altre zone. fra esse l'area curda di Bijar.
Ciao.